I Gauby
Il Domaine Gauby è nei pressi di Calce, trecento anime a venti chilometri da Perpignan.
Siamo accolti da una luce violenta riflessa da una vegetazione bassa, affiorante dalla
ferita delle rocce. Serpillo, finocchio, elicriso, menta, rosmarino e ginepri aggrumano
macchie compatte, profumatissime. Nella contorsione di strade battute da un vento
gagliardo, case e vigne si contendono il primato dell’invisibilità. Il cielo è un distillato
d’azzurro; v’indugiano gheppi e gipeti, come sospesi.
Gérard Gauby è sulla cinquantina, corporatura tarchiata e sorriso gioviale; si fa gli affari suoi ma se interpellato
non manca di favella. La moglie Ghislaine è discreta ed affabile, una bella signora, presente senza apparire.
Lionel, loro figlio, ha poco più di trent’anni. Alto, dinoccolato, disinvolto; pensiero fluido, acceso dal talento.
La storia aziendale è recente: suo nonno era funzionario pubblico, acquistò delle vigne a Rivesaltes che Gérard
barattò con altre più scomode a Calce, dove voleva stare, di proprietà di un ricco signore che non aveva voglia di
lavorarle. La prima annata imbottigliata è la 1985.
Attraverso successive acquisizioni oggi i Gauby dispongono di 40 ettari di vigneto coltivati a carignan,
mourvedre, grenache, syrah, muscat, grenache blanc, grenache gris, maccabeu, viogner e chardonnay variamente
assemblati, tutti allevati ad alberelli in qualche caso centenari. Rese mai superiori a 35 quintali per ettaro,
produzione totale intorno alle 80.000 bottiglie.
Ulteriori 80 ettari di terreno sono lasciati volutamente incolti al fine di creare un sistema variegato in cui uomini,
piante e animali siano in reciproco equilibrio tra loro.
Calce
Un terroir prodigioso, tutt’altro che facile.
La spinta originata dall’emersione dei Pirenei ha causato un ribaltamento in avanti della
crosta terrestre, sicché alle marne diffuse si son frammezzati scisti calcarei verticali
facilitanti la penetrazione sotterranea delle radici.
Un fattore decisivo è rappresentato dall’alternanza dei venti: quelli da nord-ovest,
prevalenti, si incanalano dall’alto verso il basso con accelerazioni potenzialmente
distruttive che portano freddo in inverno e secchezza in estate; quelli orientali, più miti,
arrecano calore e umidità.
Per contenere i danni causati dalla foga eolica, i Gauby hanno circondato gli
appezzamenti di cipressi atti a frangivento e mandorli aventi la funzione di attrarre gli
insetti impollinatori. Le chiome sugli alberelli son ridotte al minimo e i tralci vengono annodati tra loro,
diminuendo un’evapotraspirazione che è circa doppia rispetto alla miseria dei 500 millimetri di pioggia annua.
Il rovescio della medaglia sta in un’incredibile qualità della luce, amplificata dalla presenza del Mediterraneo a
non più di quindici chilometri in linea d’aria.
In cantina
A partire dal 2004 è iniziato un graduale passaggio di mano in favore di Lionel. Molte idee, tutte chiare.
“Ho studiato con rigore la biodinamica dal 2000 al 2004, poi ho capito che applicata come si deve a Calce non
ha senso. Bisogna essere precisi! Fosse stato qui, Steiner avrebbe detto cose diverse: lui si riferiva ad ambienti
ricchi di umidità per diffondere energia, noi invece siamo carichi di elementi ossidativi. Sole e vento… non puoi
fare la biodinamica sulla polvere. La biodiversità, quella serve. A me interessa che sugli alberi continuino a fare
i nidi le pernici.”
Nel 1997 Gérard ebbe l’intuizione di recuperare in vendemmia gli insetti attaccati sull’uva: da allora sul tavolo
di cernita gli animali vengono trattenuti in ceste unte di olio di colza, quindi rimessi in circolo vivi nei campi
come veicolo di enzimi e lieviti. Accanto alla cantina c’è una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana con cui
si preparano infusioni di circa trenta erbe da dare alle vigne.
Negli ambienti di lavoro dimora un ordine spartano.
Botti di varie fogge e dimensioni, in gran parte Stockinger; fermentini in legno e cemento, niente acciaio, poco
altro.
Uno stanzone laterale ospita nicchie gravide di bottiglie di Loira, Alsazia e Borgogna. Quella più bella di tutte
appartiene però a un italiano, Antonio Perrino da Dolceacqua. Infilo incredulo la testa in quel piccolo antro zeppo
di Bianco e Rossese Testalonga; il pensiero euforico di tornare a trovarlo s’interrompe nel momento in cui Lionel
inizia a parlare di sé.
“Il 2004 fu un punto di svolta. I nostri vini erano in riduzione, sapevano tutti della stessa cosa. Cominciai a fare
rimontaggi continui, diverse cuvée presero una botta di ossidazione che temevamo le avesse distrutte.
Imbottigliammo sfiduciati, col tempo si ripresero ma fui davvero a due dita dal mollare via. Dopo dieci anni
posso dirmi contento: avremo delle differenze dovute alle annate ma grossomodo ci siamo. Non vorrei che trovare
una strada nel fare vino fosse il lavoro di una vita, sarebbe infelice; né m’interessa uscire con bottiglie che
chiedano vent’anni prima di poter essere aperte.”
Gérard ascolta in silenzio, con un tangibile sentimento di condivisione.
Ancora Lionel: “non aggiungiamo solfiti in nessuna fase di lavorazione e non abbiamo macchine diraspatrici,
non diraspiamo neanche sui bianchi. Il frutto della vite è il grappolo nella sua interezza, non solo l’acino. Se
diraspi è la macchina a decidere cosa e quanto estrarre; io preferisco lasciare che sia la natura ad
autoregolarsi.”
Coume Gineste
Perchè il Coume Gineste si chiami così – “valletta delle ginestre”, mescendo
catalano e provenzale – non è difficile intuirlo camminando nella vigna da
cui proviene, piantata a cavallo tra le due guerre mondiali dalle donne data
una popolazione maschile decimata e dedita ad altre occupazioni.
Forma a “L” piuttosto regolare, esposizione sud-est con altezze comprese
tra 220 e 250 metri, poco meno di un ettaro da cui si ricavano 2000 bottiglie.
Dal 1996 fino al 2001 veniva utilizzata grenache blanc in purezza, a partire dal 2002 si è aggiunto un 40% di
grenache gris capace di apportare una significativa carica tannica dal mosto fiore, senza alcuna macerazione
pellicolare.
La vicinanza di una cava di ferro spiega il rossiccio delle pietre, assediate da cespugli scapigliati di giallo. Vento,
sassi, ginestre: tutto è pervaso da un’energia invisibile, vibrazioni impossibili da descrivere, un silenzio eloquente
che chiama un silenzio in ascolto
2012: zenzero, tè, citronella, mela verde, una festa. Chiarissimo, sciolto, zero pippe, bevi.
Prezzo:
0,00 IVA 22% incl.
gradazione: | 13 |
tipo: | vino bianco |
vitigno: | grenache gris |
annata: | 2012 |
capacità: | 0.75 LT |
nazione: | Francia |
regione: | Languedoc Roussillon |
luogo: | CALCE |
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